Partiamo dall’inizio.
Per farlo riporto un brano tratto da “Ju29ro”, noto sito che ai tempi del cosiddetto processo “Calciopoli” si impegnò a riportare tutti gli atti del processo stesso, al fine di dimostrare la sproporzionalità tra i fatti contestati e la pena comminata, in particolare un esempio fornitoci da Nino Ori:
“I fatti ci dicono che ci sono 20 automobili, tutte ugualmente in divieto di sosta. Di 13-14 di queste 20 auto ci sono le fotografie. Nessuna in posizione davvero pericolosa. Ci viene mostrata la foto di una di queste 13-14. Ci viene detto che era in posizione pericolosissima. E che c’era solo quell’auto parcheggiata lì. Al conducente viene ritirata la patente, al proprietario viene sequestrata l’auto. La si vorrebbe addirittura demolire per la grave infrazione commessa. Divieto di sosta.
In realtà, non è stata commessa alcuna infrazione grave. C’erano altre 12-13 auto nella stessa posizione, nessuno ha causato incidenti, nessuno era in posizione pericolosa. Questo dicono i fatti oggettivamente accertati.”
Comunque sia andata la cosa (e dalle indagini successive, soprattutto da quelle del Procuratore Federale Palazzi, si è capito che anche le altre “auto” erano messe esattamente allo stesso modo), il 2006 è passato, la Juventus, colpevole, co-colpevole o innocente che fosse, ha pagato, capitolo chiuso.
Dopo la B, la Juve tornò in A e provò a ricostruire. Nel 2010 la “Giovanni Agnelli B.V.”, già “Giovanni Agnelli e C. S.a.p.az.”, già “Giovanni Agnelli S.r.l.” (la cosiddetta “cassaforte” di famiglia, Agnelli, ovviamente) tornò in mano ai vecchi padroni: John Elkann, figlio di Margherita Agnelli, a sua volta figlia dell’Avvocato (Giovanni), tornò a capo dell’accomandita e per prima cosa mise il cugino Andrea, figlio del Dottore (Umberto) alla Presidenza della Juventus Football Club.
Qui non parleremo però della crescita sportiva (30 trofei in 13 anni) né di quella economica, che accennerò solamente: la Deloitte, azienda di servizi di consulenza e revisione statunitense, ogni anno pubblica una classifica di club calcistici ordinata in base ai ricavi operativi; ebbene, la Juventus, nella classifica 2021–22, prima delle italiane, è all’undicesimo posto in Europa, con ricavi per 400 milioni di euro. Nel 2010-11 era al 13°, ben lontana dalle milanesi (7° e 8°) con 154 milioni di euro di ricavi. Crescita economica legata anche ad investimenti, sia infrastrutturali (stadio di proprietà, centro sportivo, albergo, il cosiddetto “J-Village” e l’area della Continassa, insomma) sia sportivi (seconda squadra, squadra femminile).
Tutto questo, dovendosi sistematicamente difendere da accuse molto spesso pretestuose e piovute dal nulla. Faccio l’elenco, sempre attingendo agli elenchi realizzati dal mio amico e mentore Nino:
- 2011: acciaio scadente Stadium
- 2012: calcioscommesse Conte
- 2013-15: squalifica curve
- 2016-18: ‘ndrangheta, antimafia, intercettazioni inventate
- 2018: CR7 stupratore
- 2019: Last Banner
- 2020: Suarez a Perugia
- 2021: Super League
- 2022: plusvalenze, falso in bilancio, carte segrete
Inutile dire che le “inchieste” sono state chiuse con assoluzione o addirittura in alcune (Last Banner) la Juve era parte lesa e in altre (Suarez) la Juve non c’entrava nulla, mentre nell’immaginario “popolare” la Juve era sempre quella che “ruba”.
E ribadisco ancora una volta un concetto che non sarebbe necessario rimarcare: chi viene assolto, non è un colpevole che è stato perdonato, ma un innocente che era stato accusato ingiustamente.
Arriviamo all’ultimo capitolo di questa “saga”.
Per farlo, un piccolo accenno su cosa sono le plusvalenze e come funziona l’ammortamento dei calciatori (ma vale per tutti i beni, anche per le telecamere che la tua azienda ha comprato per sorvegliare i propri confini):
Come ogni società, anche quelle del calcio hanno a bilancio degli asset, con un ammortamento progressivo: i diritti sulle prestazioni sportive (volgarmente detti “cartellino”) dei giocatori.
Faccio un esempio: la società XY rileva il cartellino di un calciatore per 30 milioni, facendogli firmare un contratto di 5 anni.
Nel bilancio il giocatore viene ammortizzato per 6 milioni l’anno (6 milioni per 5 anni = 30). L’ammortamento è slegato dalla modalità di pagamento (che può essere “cash”, a rate, in prestito con clausole, etc.,) che è solo un accordo tra acquirente e venditore.
Dopo due anni, il cartellino avrà quindi un valore residuo di 18 milioni (30 – 6 del primo anno e -6 del secondo anno); se venisse ceduto a 28 mln (quindi in perdita rispetto al costo iniziale) la società registrerebbe comunque una plusvalenza di 10 mln (28-18).
Questa pratica, alquanto diffusa, ha provocato un ricorso all’uso delle plusvalenze esagerato, da quasi tutte le squadre di calcio. Il Chievo e il Cesena furono beccati a scambiarsi sulla carta giocatori in andata e ritorno (scambi e cessioni mai avvenuti nella realtà) per truccare i bilanci e avere così la possibilità di iscriversi al campionato. E furono giustamente puniti.
Quello che sta accadendo in questi giorni, però, c’entra poco o nulla con le plusvalenze. Mi spiego meglio: le plusvalenze c’erano, ed erano “legali” (infatti è impossibile stabilire a priori il valore di un “cartellino”), ma venivano usate non per truccare i bilanci, ma per farli apparire comunque “belli”.
La Juventus (ma questo lo capiremo meglio dalle motivazioni della sentenza) non è stata penalizzata per le plusvalenze, ma per una sorta di “slealtà” nel realizzarle, con l’intento di “truccare” il bilancio.
Ovvio che non è vero, per due motivi principali: le ricapitalizzazioni (700 milioni da parte della proprietà), che servivano proprio a non dover depauperare il capitale col player trading, e la cifra totale delle plusvalenze, che sono una piccola percentuale sul totale del bilancio (3,6%, ma su questa cifra devo ancora verificare).
Nella “requisitoria” del procuratore federale (di cui parlerò dopo) ci sono così tante imprecisioni che si capisce benissimo che l’obiettivo principale non era la giustizia, ma giustificare una decisione già presa.
Alla Juventus è stato contestato l’articolo 4 del “Codice di Giustizia Sportiva della FIGC”, che recita:
“I soggetti di cui all’art. 2 sono tenuti all’osservanza dello Statuto, del Codice, delle Norme Organizzative Interne FIGC (NOIF) nonché delle altre norme federali e osservano i principi della lealtà, della correttezza e della probità in ogni rapporto comunque riferibile all’attività sportiva”.
Ora, chi di voi ha studiato legge sa già a cosa mi riferisco, ma io che sono “ignorante enciclopedico” (non so nulla, ma di tutto), ho dovuto leggere e mi pare di aver trovato da qualche parte che la pena comminata debba essere proporzionata al delitto:
“Il principio di proporzionalità della pena discende dagli articoli 3 e 27 (comma 3) della Costituzione. Il loro combinato disposto postula l’applicazione della ragionevolezza nell’applicazione delle pene e impone altresì che la sanzione comminata debba essere congrua al fatto come in concreto verificatosi, all’allarme sociale eventualmente suscitato e alla personalità del prevenuto. Questo perché, a mente dell’art. 27 c. 3 Cost., il fine della pena è rieducativo ed è volto alla reintegrazione sociale del reo. Pertanto, una pena sproporzionata e avvertita come ingiusta dal condannato non può che vanificare le finalità suddette.”
Questo vale per la giustizia ordinaria. Possiamo dire lo stesso per quella sportiva? Leggiamo l’articolo 8 del “Codice di Giustizia Sportiva della FIGC”:
“Le società che si rendono responsabili della violazione dello Statuto, del Codice, delle norme federali e di ogni altra disposizione loro applicabile, sono punibili con una o più delle seguenti sanzioni, commisurate alla natura e alla gravità dei fatti commessi:
- ammonizione;
- ammenda;
- ammenda con diffida;
- obbligo di disputare una o più gare con uno o più settori privi di spettatori;
- obbligo di disputare una o più gare a porte chiuse;
- squalifica del campo per una o più giornate di gara o a tempo determinato fino a due anni;
- penalizzazione di uno o più punti in classifica; se la penalizzazione sul punteggio è inefficace in termini di afflittività nella stagione sportiva in corso è fatta scontare, in tutto o in parte, nella stagione sportiva seguente;
- retrocessione all’ultimo posto in classifica del campionato di competenza o di qualsiasi altra competizione agonistica obbligatoria; la retrocessione all’ultimo posto comporta comunque il passaggio alla categoria inferiore;
- esclusione dal campionato di competenza o da qualsiasi altra competizione agonistica obbligatoria, con assegnazione da parte del Consiglio federale ad uno dei campionati di categoria inferiore;
- non assegnazione o revoca dell’assegnazione del titolo di campione d’Italia o di vincente del campionato, del girone di competenza o di competizione ufficiale;
- non ammissione o esclusione dalla partecipazione a determinate manifestazioni;
- divieto di tesseramento di calciatori fino ad un massimo di due periodi di trasferimento.)”
Qui si va dal rimprovero alla pena capitale senza specificarne l’applicazione. Non è “diritto”, quindi inutile farne un ragionamento di diritto.
Parliamo ora del procuratore federale. Tratto dal sito www.cascinanotizie.it:
[…] Gravina, smanioso di riformare la giustizia sportiva, chiede la testa di Pecoraro, l’ex Prefetto di Roma, da uomo delle istituzioni, la consegna l’11 dicembre ed al suo posto viene subito nominato Giuseppe Chiné, la nomina è “provvisoria”. Chiné opera già in FIGC perché lo stesso Gravina lo aveva nominato procuratore aggiunto insieme ad altre quattro persone: Marco Di Lello (con funzioni di procuratore federale Interregionale), Alessandro Gentili (assegnato alla Procura Federale Interregionale), Gioacchino Tornatore, Luigi De Ficchy, e, appunto, il vicario Giuseppe Chiné. Da provvisorio a definitivo è un battito di ciglia e così Chiné, ottiene l’ufficio pochi attimi dopo la conferma di Gabriele Gravina a presidente federale. […] Chiné finirà subito nell’occhio del ciclone, con tanto di doppia interrogazione parlamentare.
A scriverlo è “Repubblica” il 26 maggio 2021 “l’indagatore della Procura della Federcalcio è finito sotto la lente d’ingrandimento. Non della giustizia sportiva, però. Ma del Senato della Repubblica”. A presentare una interrogazione sono tre senatori: Elio Lannutti, Luisa Angrisani e Margherita Corrado (nessuna parentela con il presidente nerazzurro). “Il motivo, scrive Repubblica, è che Chiné dal 16 febbraio è diventato il Capo di gabinetto del Ministro Franco al Mef. Un incarico di grande prestigio, che si è aggiunto a quello di Procuratore federale. Solo che nella dichiarazione di insussistenza di cause di inconferibilità e incompatibilità ha omesso di comunicare proprio il suo incarico federale, segnalando come unico incarico presso enti pubblici o privati quello da Giudice tributario presso la Commissione di giustizia tributaria”, insomma il procuratore ha dimenticato di dichiarare una “plusvalenza” dei suoi incarichi. Un fatto non di poco conto perché la Federcalcio ha sì natura privatistica, ma come ogni federazione percepisce finanziamenti pubblici.
Passa l’estate ed il 29 ottobre 2021, come riporta stavolta il quotidiano “Il Tempo” è l’onorevole Andrea Del Mastro Delle Vedove a presentare una interrogazione parlamentare. Oltre alla questione precedente stavolta c’è dell’altro: “L’incarico calcistico, in scadenza a giugno 2021, viene rinnovato nel mese di aprile, scrive Il Tempo. E a luglio Chiné è confermato nella carica, ma stavolta comunica la nomina sportiva. Con un errore, o «un falso», accusa Delmastro nell’interrogazione parlamentare. Perché Chiné dirige la Procura federale appunto da dicembre di due anni prima, dopo le dimissioni del prefetto Pecoraro, suo predecessore. All’epoca si pensava ad un incarico di breve durata, fino ad agosto 2020, ma fu prorogato di un anno causa emergenza Covid. Perché suscita imbarazzo questa storia? Perché il capo di gabinetto dell’economia dirige il traffico di svariati quattrini, ovviamente. Una parte è indirizzata anche verso il mondo dello sport e le varie federazioni, segnatamente anche quella del calcio, per la quale è chiamato a giudicare. È normale? Finora nessuno ha risposto ad interrogativi emersi, anche se in maniera parziale pure a mezzo stampa. E ci si chiede se si dovrà attendere ancora molto per capire che cosa è accaduto tra febbraio e luglio, con due certificazioni sottoscritte da Chiné ognuna con una differenza di non poco conto dall’altra. Ricorda Delmastro che se si dichiara il falso ci sono «sanzioni penali».”
Ma d’altra parte, Chiné compare in un’altra vicenda alquanto strana, tratto dal sito http://www.italiaoggi.it:
“Rosario D’Onofrio, procuratore capo dell’Aia (Associazione italiana arbitri), è stato arrestato nell’ambito di un’inchiesta sul traffico internazionale di droghe, nella qualità di responsabile della logistica di una organizzazione dedita al traffico medesimo. Il paradosso è costituito dal fatto che questo soggetto è stato nominato nel 2013 procuratore capo dell’Aia in Lombardia e nel 2021, l’11 marzo, dell’Aia nazionale: a questa data il D’Onofrio era già agli arresti domiciliari.
Si aggiunga che la nomina era avvenuta meno di un mese dopo l’elezione (già arbitro internazionale) alla presidenza dell’Aia medesima. Appare incredibile che la Federazione italiana gioco calcio e la sua procura, diretta da Giuseppe Chiné (consigliere di Stato), non fossero al corrente delle attività del procuratore dell’Aia ristretto agli arresti domiciliari durante l’esercizio del suo mandato”.
Bene. Io sono onorato che Chiné abbia occhi solo per la Juventus, scordandosi di dichiarare l’incompatibilità in certi incarichi o di guardare il CV di un trafficante di droga (soprannominato Rambo, tanto per capire).
Quindi, mi sono detto, nella requisitoria, per convincere il giudice federale, avrà usato degli argomenti incontestabili! Ma manco per niente.
Leggiamo uno stralcio dei 42 minuti usati per parlare della Juventus (sui 44 totali, gli altri due li ha usati per salutare alcuni giudici del collegio giudicante con i quali aveva lavorato in passato, ma va beh) in cui ha condensato le migliaia di pagine di indagine e di intercettazioni:
“Le nuove prove evidenziano la particolare gravità dal punto di vista sportivo delle condotte tenute, che hanno impattato su più campionati professionistici di Serie A falsificandoli. Nelle stagioni al vaglio il club aveva perdite molto significative, ma invece di mettere le mani in tasca e ripianarle ha creato plusvalenze fittizie. Queste hanno permesso di mettere soldi veri sul mercato e acquistare giocatori che ha poi schierato falsando la competizione sportiva a danno di altre società che hanno davvero ripianato e che non hanno fatto mercato ma magari hanno venduto gioielli di famiglia. Ci sono club che hanno dovuto cedere calciatori da 20 gol a campionato e l’anno successivo in classifica hanno pagato dazio”.
Notazione personale: che Chiné parli della vendita di Lukaku ci sta, mi dicono sia interista, gli rode. Ma si è dimenticato di dire che quell’anno l’Ambrosiana non ha pagato gli stipendi per i debiti accumulati dal proprietario. Che mi pare sia altrettanto grave.
Ma il punto centrale è un altro (oltre alla boiata dei campionati “falsificati”, povero me). Chiné afferma:
[…] invece di mettere le mani in tasca e ripianarle […]
E due aumenti di capitale in tre anni per 700 milioni cosa sono?
Inoltre, il disegno appare chiaro con altre parole tratte da quell’intervento:
“La pena deve essere afflittiva, la Juventus in classifica deve finire ora dietro la Roma, fuori dalla zona delle coppe europee”.
L’intento dichiarato, quindi, non è avere giustizia (e non fatevi illudere dal fatto che la procura federale abbia chiesto di indagare Napoli, Milan e Roma, è solo fumo negli occhi), ma colpire la Juventus.
Anche perché se uno non fa gli aumenti di capitale, fallisce; se li fa, poi arriva Chiné e dice che non è vero.
Che succederà adesso?
Entro dieci giorni avremo le motivazioni della sentenza (capiremo forse anche perché la revocazione, cioè l’annullamento della precedente assoluzione, sia valsa solo per la Juve e non per altre società coinvolte e soprattutto perché siano stati condannati alcuni dirigenti che con le plusvalenze non c’entravano un fico secco), poi entro trenta giorni la Juve potrà depositare il suo ricorso, già annunciato, al Collegio di garanzia dello Sport del Coni.
Il Collegio di Garanzia non può cambiare la sentenza della Corte d’Appello: non potranno essere eliminati o ridotti i 15 punti di penalizzazione inflitti all’attuale classifica della Juventus, ma potrà essere solo rimandata indietro per una nuova discussione in caso di vizi di forma e/o violazioni di diritto della difesa. A presiedere il Collegio di Garanzia da un anno c’è la giurista Gabriella Palmieri Sandulli, avvocato generale dello Stato laureatasi presso la Federico II di Napoli. E va beh.
Quindi, vedendosi sicuramente respinto il ricorso, la Juventus potrà rivolgersi al Tar del Lazio e, in secondo grado, la vicenda potrebbe finire di fronte al Consiglio di Stato e, infine, al TAS (Tribunale Arbitrale dello Sport) di Losanna (ma in questo caso violerebbe la cosiddetta “clausola compromissoria”, ovvero quella norma che impone ai tesserati di rinunciare a ricorrere alla giustizia ordinaria per tutte le controversie inerenti all’attività sportiva).
Nel frattempo, il 27 marzo ci sarà l’udienza preliminare del procedimento penale nel quale sono imputati 12 ex dirigenti della Juventus e il club, ma questo avrà tempi lunghi ed è ancora più complesso di quello di cui ho parlato finora.
Che fare adesso? Personalmente, continuerò a tifare Juventus. Perché non credo che i tifosi del Taranto (anzi, lo so) o della Casertana, del Messina, del Catania, del Cosenza o del Ravenna, quando le società per cui tifavano sono state eliminate dal calcio, dovendo ripartire da zero, abbiano smesso di tifarle. Anzi.
Sono più che altro curioso.
Curioso di vedere l’orchestrina del Titanic (FIGC e Lega di Serie A) fino a quando suonerà, visto che l’acqua sta già entrando nel salone principale.
Curioso di capire se nel 2006 siamo stati colpiti per l’assenza della famiglia, e se la famiglia, oltre a spendere soldi, ha veramente a cuore l’aspetto sportivo e i propri tifosi.
Curioso di vedere cosa faranno i calciatori, se finalmente torneranno in campo col sangue agli occhi, stanchi di cotanta ingiustizia.
Perché punendo la Juventus, la FIGC non sta punendo un’azienda o degli imprenditori, ma sta rischiando di penalizzare dei calciatori che nulla c’entrano e dei tifosi che c’entrano ancora meno. E non stiamo parlando di poche migliaia di persone, ma di parecchi milioni.
Stiano bene attenti al giustizialismo a tutti i costi, perché questa storia mi ricorda tanto quella del marito che per fare dispetto alla moglie… capito?
La mia idea è che se del marcio c’è nel calcio bisognerebbe andare a guardare in Figc, Coni ed enti vari e che accusare e condannare una società che, oltre a produrre utili e risultati, i soldi (700milioni come hai detto) piuttosto lì ha messi non certo rubati! E sostenere come letto oggi che grazie a quelle plusvalenze fatte da tutti avrebbe falsato i campionati ripetutamente è ridicolo! Resta poi il mistero di come invece esista una società tecnicamente fallita, la cui proprietà è incerta, i cui stipendi non venivano elargiti che nemmeno viene mai contestata neppure per un divieto di sosta! Detto ciò penso che la giustizia sportiva faccia veramente schifo: già quella ordinaria è normalmente ingiusta troppo spesso ma quella sportiva altro non è che un dare voce concreta al tifoso antijuventino che desidera solo vedere il rogo di turno e sentirsi gratificato. L’ho pensato più volte e lo ribadisco…forse l’Italia non merita la Juve. Forse la Juve dovrebbe valutare se fosse possibile iscriversi magari al campionato francese perché il nostro, così com’è strutturato fa davvero schifo…
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Concordo con te. Anche il campionato svizzero non sarebbe male, Lugano è a mezz’ora da qui 🤣
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Forse un po’ scarso di livello però anche se di questo passo quello italiano ci si avvicinerà di molto! 🤷
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