Ciao Luca

Adesso che l’ho cambiata lo posso dire.

Da qualche tempo, per una applicazione che ho sul PC e che uso quotidianamente usavo come password il nome di un calciatore della Juventus, in genere del passato, con il suo numero di maglia.

Quindi, “Causio07” o “Furino 04”, tanto per capirci.

Il 14 dicembre scorso, Gianluca Vialli, capo delegazione della nazionale italiana di calcio, ha annunciato la sua assenza in occasione delle prossime gare degli azzurri previste per le qualificazioni all’Europeo 2024.

Istintivamente, quel giorno, ho messo come password “Vialli09”, sperando che la mia digitazione quotidiana di quei caratteri assumesse il potere di un mantra e potesse, in modi che non potrei né spiegare né capire, aiutarlo a superare il momento delicato.

Giorno dopo giorno, accendendo il PC, pensavo, digitando sulla tastiera “dai, Luca, dai”. Ma non è servito. Non ha funzionato, purtroppo.

La mattina del giorno della befana, accendendo il cellulare, ho letto la notizia.

Ora, una piccola digressione.

Lo scorso anno, in seno alla tifoseria juventina, si è creata una delle tante spaccature relativa al “non rinnovo” di Paulo Dybala: da una parte quelli che lo volevano ancora in bianconero, dall’altra quelli che dicevano “basta”.

Casualmente, ma non per caso, il primo “partito” era perlopiù composto da 20-30enni. Quindi coetanei (o quasi) di Paulino.

Questo è un aspetto del tifo che pochi notano: quando si hanno 20 anni e si inizia a tifare con passione per una squadra, ci si affeziona molto ai calciatori, più di quanto non si faccia negli anni seguenti. Quindi mi pare anche ovvio che chi ha visto Dybala arrivare alla Juve nel 2015, a 22 anni, ci si sia affezionato anche in quanto più o meno coetaneo.

Mio padre, juventino negli anni ’50, amava Sivori, di quattro anni più vecchio di lui. Io Baggio e Vialli, anche se la mia passione era già radicata da qualche anno, avendo vissuto da ragazzino la Juventus di Scirea, Causio e Platini.

A dirla tutta, però, mentre nei confronti dei campioni del passato avevo una passione calcistica legata soprattutto ai loro momenti bianconeri (e per fortuna per molti di quelli, dopo, non ce ne sono stati altri), con i miei coetanei, o quasi (Baggio ha un anno più di me, Vialli ne aveva 4) c’era una sorta di legame “generazionale”, e li ho seguiti con affetto anche dopo che sono andati via dalla Juve. Per dire, non conosco i dettagli della carriera di alcuni giocatori da me molto amati in bianconero, come Tardelli, Gentile o Causio, dopo che hanno lasciato la Juventus, mentre seguivo un passo dopo l’altro le avventure bresciane di Roberto o quelle inglesi di Gianluca.

Che arrivò nella Juve della ricostruzione, dopo lo sfacelo belgiochista Montezemolo-Maifredi.

Arrivato come acquisto più costoso dell’epoca (estate ‘91, quattro giocatori alla Sampdoria, Bertarelli, Corini, Michele Serena e Zanini più un conguaglio per un costo totale di circa 40 miliardi di lire), i primi due anni non furono entusiasmanti.

Stagione dopo stagione, negli anni non vincenti avevamo visto arrivare attaccanti anche di un certo peso andare via dopo poco perché non convincenti (ad esempio Rush), o poco costanti (Schillaci, Casiraghi), oppure a fine carriera (Altobelli).

L’acquisto di uno dei centravanti più forti dell’epoca fu una boccata di ossigeno per una tifoseria che si stava abituando a non vincere lo scudetto, cosa non certo usuale, da quelle parti.

Il primo anno bene, si vince in scioltezza la Coppa Uefa (che non era il torneo da bocciofila attuale, ma un torneo tosto fin dai primi turni), Vialli viene adottato dalla tifoseria in contrapposizione ad un Baggio mai entrato nei cuori bianconeri. Ma in campionato ancora nulla, lo scudetto non arriva.

Il secondo anno male, Gianluca si infortuna e non entrerà praticamente mai in forma, solo quattro gol in stagione e una sensazione di déjà-vu nei tifosi, che lo danno già per finito.

I campioni, però, si riconoscono nel momento della difficoltà: a differenza di altri, che una volta imboccato il sentiero del declino non sono più capaci di uscirne, Vialli si risolleva, e lo fa alla grande.

Forse la sua migliore stagione, la prima di Lippi, la rovesciata da ex a Cremona il giorno del mio 26° compleanno, la rimonta con la viola a dicembre, la consacrazione contro la Samp, altra sua ex squadra, a febbraio, lo scudetto, finalmente, dopo un secolo, da quelle parti.

E l’anno dopo, la Champions, le partite con il Nantes e la notte di Roma, con Gianluca che riprende all’Ajax quello che un altro olandese gli aveva tolto quattro anni prima a Wembley.

Ancora ebbri del trionfo europeo, quell’estate si ebbero i primi effetti della sentenza Bosman: chi è a fine contratto può andare via. Prima non era così, Boniperti chiamava tutti in sede e faceva firmare un contratto annuale, cercando di strappare uno sconto sull’ingaggio, quando poteva.

Quell’estate cambia tutto, vanno via alcuni degli eroi di quella Champions, Sousa, Ravanelli, Vierchowod, Carrera e soprattutto Vialli.

Che però ormai aveva scolpito il proprio nome nella roccia dei cuori juventini, abituati al fatto che nessun giocatore (né allenatore, né dirigente) è più importante della Juventus stessa.

Io ho continuato a seguirne la carriera, il Chelsea da giocatore, poi da allenatore-giocatore e solo allenatore, da opinionista, poi quando è passato alla nazionale, e quando ho saputo che era malato è stato come se si fosse ammalato uno di famiglia.

Gianluca era come un cugino simpatico che vedi solo a Natale ma che sai che ti farà passare una giornata piacevole.

Ora che se n’è andato, saremo tutti un po’ più soli.

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3 pensieri riguardo “Ciao Luca

  1. lo ricordo con nostalgia. Era più grande di me di 8 anni, nel mio caso poteva essere anagraficamente un fratello maggiore. Sottolineo il rapporto identificativo con giocatori che ti sono coetanei. Per me Vialli è stato una specie di fratello maggiore, a cui devi dire grazie, perchè ti ha spianato la strada con quello che ha fatto. Fece una pernacchia alla Juventus con quel rinnovo di contratto ridicolo. Li per li non capii che il mondo del calcio stava cambiando. Lo presi come un uomo che accettava un’altra sfida in un calcio lontano. Molti in Italia sono rimasti al 1996. Luca nel 1996 aveva già capito come il calcio sarebbe stato nel 2006. Un’altra marcia proprio.

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      1. Si, aveva una grande testa, intuito e sensibilità. Il che lo rendeva anche leggero nel modo di porsi. È insieme a Baggio, il giocatore italiano amato più trasversalmente dalle tifoserie. Credo che fosse difficile non rendergli onori ed apprezzarlo. Ebbe solo la sfortuna di trovarsi Sacchi sulla strada della nazionale.

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